Speciali Storia

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Leone Piccioni, 1996 (da "Occhio al critico"): "E' importante che la poesia sia conosciuta, è importante che sia divulgata, è importante che le nuove generazioni, soprattutto, distanti un po' dall'insegnamento poetico del primo novecento, comincino a riflettere sui loro problemi sentimentali, specchiati nella poesia" Il 15 maggio 2018, a 93 anni, è mancato Leone Piccioni, dopo una vita dedicata alla letteratura, all'arte e al servizio pubblico radiotelevisivo. Nasce a Torino il 9 maggio 1925, quarto figlio di Caterina Marengo e Attilio, uomo politico di primo piano nel dopoguerra. Nel 1946 Piccioni è a Roma come praticante al Giornale Radio, partecipa in questa veste alla Conferenza di Pace di Parigi, testimoniando il discorso di Alcide De Gasperi. Ma è la letteratura il centro dei suoi interessi. Leone Piccioni viene chiamato nel 1949 da Giovan Battista Angeletti nella redazione de "L'approdo", e dal 1952 cura la rivista trimestrale, insieme ad Adriano Seroni. "L'approdo", sia come rivista che come rubrica, chiuderà nel 1977, e rimane uno degli punti di riferimento del rapporto tra cultura e servizio pubblico radiotelevisivo. Il 2 febbraio 1963, è lui stesso ad introdurre la versione televisiva de "L'approdo". Nella sigla della trasmissione si vede in bianco e nero un quadro marino -un approdo, appunto- dipinto da Carlo Carrà, che Leone Piccioni acquista dal pittore nel 1952. Viene qui mostrato per la prima volta a colori, per gentile concessione degli eredi. Vicedirettore del TG dal 1959 al 1961, si occupa di avviare le Tribune politiche. Nel 1965 passa alla radio, dove è direttore dei programmi, dove darà nuovo impulso a un medium che sembrava dovesse soccombere alla televisione, sempre più diffusa: "Per voi giovani", "Bandiera gialla", "Gran Varietà", "La Corrida", "Chiamate Roma 3131", solo per citare alcuni titoli di quella stagione. Dal 1969 è vicedirettore generale della Rai, e sarà anche presidente della Fonit Cetra.