Diario Civile - La linea della palma: il caso Bruno Caccia

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Il 26 giugno 1983 Bruno Caccia, procuratore della Repubblica di Torino, viene ucciso in un agguato sotto casa. Due killer lo aspettano in macchina, lo affiancano e gli sparano 17 colpi. Si pensa subito a un attentato di matrice terroristica, ma presto quella pista viene abbandonata. Si indaga allora sulle numerose inchieste aperte dalla Procura di Torino sotto la guida di Bruno Caccia: dallo scandalo delle tangenti in Comune e in Regione, il primo caso di corruzione politica emersa dieci anni prima di Mani Pulite, allo scandalo dei petroli che investe politici, imprenditori e vertici della Guardia di Finanza. La svolta nelle indagini avviene però con le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia. Francesco Miano, boss del clan dei catanesi a Torino, raccoglie in carcere le confidenze di Domenico Belfiore, capo della cosca dei calabresi. Ha un registratore nascosto, glielo hanno fornito i Servizi segreti. Per quell'omicidio "devi ringraziare solo a me", gli dice Belfiore. Nel 1989 Domenico Belfiore verrà condannato come mandante dell'omicidio Bruno Caccia. Negli atti della sentenza si legge il movente: "Ostacolava la disponibilità altrui". Come a dire che altri magistrati erano invece disponibili. Il 22 dicembre 2015, 32 anni dopo l'omicidio del procuratore capo, viene arrestato a Torino Rocco Schirripa, un panettiere originario di Gioiosa Jonica, come Domenico Belfiore, e padrino di battesimo di sua figlia. Schirripa viene condannato in primo grado il 17 luglio 2017 quale esecutore materiale dell'omicidio di Bruno Caccia.

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